«Cantami di questo tempo l’astio e il malcontento di chi è sottovento e non vuol sentir l’odore di questo motor».
Nell’introdurre la presentazione di CartaCanta abbiamo volutamente usato le prime parole di “Ottocento”, la sarcastica canzone di Fabrizio De André, sia perché non riteniamo affatto disdicevole provare astio nei confronti di quei soggetti responsabili delle situazioni di sofferenza, disagio e ingiustizia in cui vivono centinaia di migliaia di malati, in particolare disabili e anziani non autosufficienti che a causa delle controriforme sanitarie bipartisan iniziate nei primi anni novanta sono stati espulsi dalle competenze e dalle cure, gratuite, del Servizio sanitario nazionale (raggirando spudoratamente gli obblighi stabiliti dalla legge n. 833/78 che all’articolo 2 assicura a «tutta la popolazione senza distinzione di condizioni individuali o sociali … la diagnosi e la cura degli eventi morbosi, quali ne siano le cause, la fenomenologia e la durata»), degradati da “malati e basta” a “malati sociali”e quindi scaricati nell’artificiosa area dell’integrazione socio-sanitaria contrassegnata da cure a pagamento e da un perenne quanto vergognoso balzello di competenze tra AUSL e Comuni oppure costretti con i famigliari al “fai da te” assistenziale fatto di badanti o salatissimi posti letto privati.
Una strada per difenderle è quella intrapresa da quelle associazioni che come CartaCanta si identificano nel “volontariato dei diritti”, ossia gruppi organizzati di “cittadini informati” che perseguono la solidarietà attraverso la ricerca e l’affermazione della giustizia individuando risposte utili a tutti coloro che vivono situazioni di difficoltà e disagio assistenziali. La sostanza di questa attività sta proprio in questo: rispondere con competenza ai problemi dei singoli per fare emergere i bisogni di tutte le altre persone che hanno analoghe esigenze lottando al contempo per rimuovere le cause sociali, politiche ed economiche che determinano ingiustizie ed emarginazione.